Amare qualcuno in virtù di se stesso e non in virtù della soddisfazione, anche morale, che questo può riportare: questo è il campo specifico della benevolenza. Leibniz la definiva come delectatio in felicitate alterius, che possiamo tradurre come godere della felicità di un altro. Ma è realmente possibile godere della felicità altrui? La felicità non consiste forse nell’aver ricevuto qualcosa, più che nell’aver donato qualcosa?
La benevolenza è caratteristica specifica della persona umana e, come tutte le caratteristiche specifiche, può crescere, può aumentare, può diminuire, può scomparire. Nessun altro essere può essere benevolente come l’uomo. La benevolenza indica sempre un rapporto con l’altro o con gli altri. Proprio per la benevolenza io posso superare, non soltanto l’ostilità, ma perfino l’indifferenza verso gli altri. Così quel bene oggettivo che ho causato con le mie azioni può diventare
il centro della mia felicità. La benevolenza è sempre volontaria. Non può essere imposta. Non può essere imposta mai, da nessuno e da nessuna ragione, nemmeno dalla giustizia. Il rapporto con gli altri non si può costruire soltanto con ragioni di giustizia cioè un complesso di doveri e diritti. Summum ius, summa iniuria.
La giustizia è evidentemente indispensabile nel rapporto con gli altri, ma essa, da sola, senza la benevolenza, rimane incompiuta, non realizzata.
Ogni atto di benevolenza è sopratutto un dono per chi dona, non tanto per chi riceve ma per chi dona e il motivo del donare viene dalla compassione, dalla condivisione, dalla compartecipazione alla vita degli altri. Quale beneficio ne traggo quando mi dono e dono agli altri?
Un unico beneficio, ma che vale molto: l’auto realizzazione di me stesso come persona; lo sviluppo cioè di quella potenzialità che è specifica della persona
umana. Da questo concetto chiave si determina la vision che giustifica la vita
della Biomedical University Foundation, la sua nascita e il suo sviluppo futuro: contribuire a creare, nella mente e nella sensibilità di molte persone, una cultura della benevolenza e del dono per sentirsi responsabili e partecipare attivamente al miglioramento della società.
Joaquín Navarro-Valls
Roma, 25 febbraio 2017
Amare qualcuno in virtù di se stesso e non in virtù della soddisfazione, anche morale, che questo può riportare: questo è il campo specifico della benevolenza. Leibniz la definiva come delectatio in felicitate alterius, che possiamo tradurre come godere della felicità di un altro. Ma è realmente possibile godere della felicità altrui? La felicità non consiste forse nell’aver ricevuto qualcosa, più che nell’aver donato qualcosa?
La benevolenza è caratteristica specifica della persona umana e, come tutte le caratteristiche specifiche, può crescere, può aumentare, può diminuire, può scomparire. Nessun altro essere può essere benevolente come l’uomo. La benevolenza indica sempre un rapporto con l’altro o con gli altri. Proprio per la benevolenza io posso superare, non soltanto l’ostilità, ma perfino l’indifferenza verso gli altri. Così quel bene oggettivo che ho causato con le mie azioni può diventare
il centro della mia felicità. La benevolenza è sempre volontaria. Non può essere imposta. Non può essere imposta mai, da nessuno e da nessuna ragione, nemmeno dalla giustizia. Il rapporto con gli altri non si può costruire soltanto con ragioni di giustizia cioè un complesso di doveri e diritti. Summum ius, summa iniuria.
La giustizia è evidentemente indispensabile nel rapporto con gli altri, ma essa, da sola, senza la benevolenza, rimane incompiuta, non realizzata.
Ogni atto di benevolenza è sopratutto un dono per chi dona, non tanto per chi riceve ma per chi dona e il motivo del donare viene dalla compassione, dalla condivisione, dalla compartecipazione alla vita degli altri. Quale beneficio ne traggo quando mi dono e dono agli altri?
Un unico beneficio, ma che vale molto: l’auto realizzazione di me stesso come persona; lo sviluppo cioè di quella potenzialità che è specifica della persona
umana. Da questo concetto chiave si determina la vision che giustifica la vita
della Biomedical University Foundation, la sua nascita e il suo sviluppo futuro: contribuire a creare, nella mente e nella sensibilità di molte persone, una cultura della benevolenza e del dono per sentirsi responsabili e partecipare attivamente al miglioramento della società.
Joaquín Navarro-Valls
Presidente Comitato dei Garanti della Biomedical University Foundation
Roma, 25 febbraio 2017